GPTheatre

L’8 maggio 2025, al Teatro degli Angeli di Milano, è andato in scena GPTheatre, un progetto che ha trasformato il palcoscenico in un terreno di sperimentazione radicale. Nato da un copione elaborato con l’intelligenza artificiale e sviluppato grazie al contributo di studiosi e ricercatori dell’Università Statale di Milano, lo spettacolo ha intrecciato discipline e linguaggi diversi – dalla filosofia alla drammaturgia, dall’archeologia alla musica – per interrogare il rapporto fra umano e macchina.

In questo contesto, il lavoro visivo di Massimo Balestrini ha assunto un ruolo centrale, delineando lo spazio scenico come un campo di tensioni poetiche e percettive. Attraverso collage digitali, stratificazioni pittoriche e immagini generate con l’AI, Balestrini ha costruito una scenografia che non illustra, ma evoca: un ambiente visivo che si fa archivio e miraggio, memoria e allucinazione.

Il cuore della ricerca si è concentrato sulla dimensione allucinativa dei modelli di intelligenza artificiale. Lungi dall’essere un difetto, l’allucinazione è stata accolta come possibilità estetica: un varco per scardinare l’immagine stereotipata e aprire a forme inaspettate, a frammenti che oscillano tra verità e invenzione. Così, le superfici sceniche sono diventate territori instabili, dove l’immaginario umano e quello artificiale si incontrano e si confondono, generando visioni inedite.

L’intervento visivo di Balestrini non si limita dunque a sostenere la drammaturgia, ma la amplifica, trasformando il teatro in un dispositivo di rivelazione. Le immagini, sospese tra pittura, fotografia e AI generativa, hanno dato corpo a un paesaggio che riflette sulla memoria, sull’ambiguità e sulla metamorfosi dell’esperienza contemporanea.

GPTheatre si presenta così come un’opera corale e visionaria, in cui la scena diventa specchio di un dialogo ancora in corso: quello fra l’uomo e le sue macchine, fra la ricerca artistica e le nuove forme di immaginazione che l’intelligenza artificiale rende possibili.

In questo contesto, il lavoro visivo di Massimo Balestrini ha assunto un ruolo centrale, delineando lo spazio scenico come un campo di tensioni poetiche e percettive. Attraverso collage digitali, stratificazioni pittoriche e immagini generate con l’AI, Balestrini ha costruito una scenografia che non illustra, ma evoca: un ambiente visivo che si fa archivio e miraggio, memoria e allucinazione.

Il cuore della ricerca si è concentrato sulla dimensione allucinativa dei modelli di intelligenza artificiale. Lungi dall’essere un difetto, l’allucinazione è stata accolta come possibilità estetica: un varco per scardinare l’immagine stereotipata e aprire a forme inaspettate, a frammenti che oscillano tra verità e invenzione. Così, le superfici sceniche sono diventate territori instabili, dove l’immaginario umano e quello artificiale si incontrano e si confondono, generando visioni inedite.

L’intervento visivo di Balestrini non si limita dunque a sostenere la drammaturgia, ma la amplifica, trasformando il teatro in un dispositivo di rivelazione. Le immagini, sospese tra pittura, fotografia e AI generativa, hanno dato corpo a un paesaggio che riflette sulla memoria, sull’ambiguità e sulla metamorfosi dell’esperienza contemporanea.

GPTheatre si presenta così come un’opera corale e visionaria, in cui la scena diventa specchio di un dialogo ancora in corso: quello fra l’uomo e le sue macchine, fra la ricerca artistica e le nuove forme di immaginazione che l’intelligenza artificiale rende possibili.